Belluno ospita “Mattmark 1965-2015”

La fotografia è un’arte che riesce a trasmettere delle emozioni documentando storie ed eventi così come si sarebbero potute imprimere nelle nostre menti e forse per questo riesce a toccare particolarmente gli animi quando si tratta di ricordare un momento doloroso e significativo. Questo è un anno con diversi anniversari e ricorrenze che lasciano un’impronta grave sulle nostre emozioni, per aiutarci a ricordare quegli eventi che hanno segnato la cronaca e che per questo non dovrebbero mai ripetersi.

“Mattmark. Tragedia nella montagna” è una mostra fotografica itinerante che da Roma è arrivata a Belluno per condividere la storia di un disastro avvenuto cinquanta anni fa e rimarrà aperta dal 13 Marzo al 19 Aprile 2015, presso la sala multimediale dell’Associazione Bellunesi nel Mondo.

Le immagini raccontano della tragedia avvenuta nel 1965 durante i lavori per la costruzione di una diga nelle Alpi del Vallese, in Svizzera. Qui, un’enorme frana si staccò dal ghiacciaio sovrastante e travolse ogni cosa, uccidendo 88 operai (di cui 56 italiani).
Insieme alle 55 immagini in bianco e nero, anche un catalogo ed un filmato descrivono la storia della Mattmark: l’inizio del lavori, la tragedia e il processo conclusosi con l’assoluzione di tutti gli imputati. La mostra fotografica è quindi non solo un modo per ricordare, ma pure un omaggio ai tanti lavoratori partiti dall’Italia per fuggire dalla povertà e dalla disoccupazione per andare incontro ad un triste destino.
Nell’alta valle di Saas, all’interno del complesso delle Alpi del Vallese, si trovano Mattmark ed il ghiacciaio Allalin. In questa zona, ad oltre 2000 metri di quota, si trovava uno dei cantieri idroelettrici più grandi d’Europa per realizzare una diga a cui lavoravano – tra tecnici, operai e dirigenti – circa 700 persone. Si trattava di un’opera imponente costruita con il pietrame prelevato dalle morene del ghiacciaio sovrastante e che fu terminata nel 1967. Solitamente, per ragioni di sicurezza, il cantiere rimaneva chiuso dalla fine dell’estate fino all’inizio dell’autunno, ma nell’Agosto del ‘65 i lavori non furono sospesi e – fatalità? – una frana seppellì il campo base di lavoro travolgendo persone ed enormi macchinari che rimasero sepolti sotto più di 50 metri di ghiaccio. Iniziarono subito le operazioni di soccorso, nonostante il periodo di nuovi crolli, ma l’ultima salma fu ritrovata solo dopo due anni dall’incidente.

Si aprì un processo per individuare le responsabilità della tragedia, ma gli imputati (impresari, funzionari federali e della cassa infortuni elvetica, tecnici delle imprese e ispettori dell’ufficio per la sicurezza del lavoro) furono tutti assolti per via della “imprevedibilità” dell’evento. Le vittime, le loro speranze, e le loro famiglie meritano la giusta attenzione e vi invito a visitare questa mostra che fa riflettere riportando una vicenda amarissima.

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